Yuri Romagnoli nasce nel 1981 a Chiaravalle (AN). Diplomato presso l'istituto d'arte Edgardo Mannucci di Ancona e trasferitosi a Roma, consegue il diploma accademico in pittura presso l'Accademia di belle arti di Roma. Da sempre vicino al mondo del graffitismo e dell'arte murale segue un percorso che lo porta a riconoscersi nel post-graffitismo come forma espressiva prediletta. Usa poster, adesivi e vernici per la città, non rinunciando al gesto pittorico su tele e pannelli. Frequentando l'accademia incontra Alessandro Di Massimo e Eugenio Migliore con il quale collabora alla realizzazione della rivista "il Piatto" dove pubblica illustrazioni, rebus e tavole tendenti al fumetto. Vive e lavora a Roma.
Ha partecipato a diverse esposizioni e festival di arte urbana, tra i più recenti: “STRIKE THE STREET” (Strike spa, Roma 2010);
“ART CONVENTIONAL” (Ass. Walls, Roma, 2010) “COLLECTIVE” (Elsewhere Factory, Roma, 2010);
“CRACK ” (csoa Forte prenestino, Roma, 2009 e 2008); “POP UP! Arte contemporanea nello spazio urbano” (Ancona, 2009 e 2008);
“INTERNATIONAL POSTER ART” (ESC Atelier, Roma, 2009). “Yuri è HOPNN” (Laszlo Biro, Roma 2011) è stata la sua prima personale
Testo tratto dall'articolo dal sito TOCTOC Firenze - consultato Febbraio 2018
Spronare le persone ad usare la bicicletta e favorire la circolazione d’idee puntando sullo scambio di saperi: questi gli obiettivi primari della street art di Hopnn.
Il suo nome d’arte è il suo vero nome, solo che è scritto in cirillico: юрий, ma si legge Yuri. “Quando decisi di passare dai graffiti all’arte urbana, cambiai firma. Avevo una ‘tag’ da graffitaro, ma non volevo cambiare nome. Yuri è già abbastanza strano, così lo scrissi in russo, nella sua forma naturale, mi divertì e l’ho usato. Hopnn è la traslitterazione dal cirillico nel nostro alfabeto, ciò che visivamente si avvicina di più a HOPNN.
Un nome che viene da lontano
Nessuna origine russa, ha soltanto dei genitori comunisti. Nato nel 1981, cresciuto a Chiaravalle, nelle Marche. Una di quelle regioni dell’Italia centrale definite ‘rosse’, perché in quelle zone, negli anni Ottanta, il Partito Comunista era molto radicato, sia politicamente che culturalmente. E il mondo era diviso tra Reagan e Gorbaciov. “Molti miei amici si chiamano con nomi russi: Boris, Dimitri, Tamara, andavano di moda. I miei genitori non sono mai stati chiari sulla scelta del mio nome, ma essendo un po’ rivoluzionari e con la storia del mitico Juri Gagarin, il mito del primo uomo nello spazio.” Sì, il sovietico Gagarin che dallo spazio disse al mondo: “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere, né confini.”
Chi è Hopnn?
Hopnn è un pittore, gli interventi che realizza per strada sono vere e proprie opere pittoriche. “Il post-graffitismo fa un passo laterale rispetto al graffitismo classico e all’uso della bomboletta. Il punto è veicolare sempre un messaggio al di là della tecnica. Il mio è sempre un lavoro di pittura, che sia su muro o su foglio.” Utilizza colori super lavabili da esterni o al quarzo, con due modalità d’intervento: o agisce direttamente sul muro col pennello, oppure realizza in studio l’opera su carta e poi l’attacca in strada, soluzione più rapida, più effimera e meno invasiva rispetto alla prima, “visto che un poster con un po’ di acqua calda lo si stacca facilmente.”
Il problema di dipingere direttamente sul muro, in modo non autorizzato, è il poco tempo a disposizione. “Vengono cose molto punk, meno curate e tirate via. Se uno vuole fare una cosa ricercata di qualità è più pratico prepararla in studio e poi incollarla in strada. Certo, intervenire direttamente sul muro ha il pregio di far resistere l’opera maggiormente nel tempo.” È molto attento a non incollare su edifici storici, “non mi piace l’accostamento eccessivo tra l’arte classica di Firenze e la street art. Ma la ricerca del punto giusto è una bella sfida, cerco comunque la visibilità, anche se non esiste una regola precisa.
Gli esordi dal Rinascimento
A Firenze uno dei primi interventi fu realizzato in borgo Stella, insieme a Hogre. “Ripresi alcuni ritratti della dinastia dei Medici realizzati dal Bronzino, rappresentavano quello che era per me Firenze appena arrivato qui. Li disegnai tutti con lo stesso formato 100×140, attaccandoli uno vicino all’altro. Il Rinascimento si respira ovunque in questa città, manca forse il contemporaneo.”
I cinque ritratti della famiglia Medici di Hopnn rasentavano il grottesco e l’inquietante. Il nasone di Cosimo il Vecchio, l’occhio guercio di Lorenzo, lo strabismo di Cosimo I, la catena al collo di Leone X e Caterina con la sua gorgiera. I difetti fisici accentuati e lo stemma nobiliare, che riportava la scritta ‘MeBici’. Infatti, molti dettagli, degli abiti, dei volti erano invasi da miriadi di piccole bici stilizzate. “In questi poster ho giocato appunto con la storia, ho preso la famiglia più famosa di Firenze e l’ho fatta un po’ mia, mettendo il mio segno distintivo: la bici.”
Sì, perché la sua produzione artistica è un grande elogio dell’uso della bicicletta. Da anni la rappresenta costantemente, sia come soggetto principale o secondario delle sue opere, sia come elemento accessorio o di dettaglio. Biciclette nella barba, tra i capelli, sui vestiti, portate in cielo da palloncini, in bilanciamento su dei bastoni. Bici assassine di vescovi o che formano una svastica. Bici come frutti di un albero, fiori a forma di ruota. Usate come occhiali o come ciondoli al collo. Bici nel cervello o disegnate sulle mutande. E poi spirali di bici e bici che trainano spirali di uomini nell’universo. Bici con le ali, con l’elica, con le ruote quadrate o con una ruota sola.
Non solo biciclette
Di ciclisti ne ha rappresentati una infinità: giganti, lavoratori, artisti, corridori, coppie di innamorati, in due, in tre, con una scimmia. Uno dei suoi primi interventi fiorentini, nel sottopasso delle Cure, raffigurava un suo personaggio in rosso impegnato a rubare una bici, “tributo ai tanti ladri di biciclette che popolano Firenze.”
I personaggi che popolano le sue opere non sono troppo rassicuranti, li si trova in posizioni da acrobata, con i piedi per terra o volanti, intenti ad aiutarsi gli uni con gli altri, grotteschi, pagliacceschi e onirici. “Quasi tutti i personaggi sono frutto della fantasia. Molti sono autoritratti, quando devo disegnare un naso per comodità guardo il mio naso allo specchio e prendo spunto. È un fatto pratico, non m’interessa l’autoritratto, mi interessa solo per dare una connotazione visiva del messaggio. Mi è anche capitato di rappresentare alcuni personaggi storici, tipo con i Medici o come quando disegnai Adamo ed Eva vicino alla chiesa di Santa Maria del Carmine dove c’è ‘La cacciata dei progenitori dall’Eden’ l’affresco del Masaccio. Ripresi l’immagine e cercai di farlo il più simile possibile all’originale ma filtrato dal mio linguaggio.”
Abbasso l’automobile
Contrapposto all’elogio della bici, l’altro tema ricorrente nell’immaginario di Hopnn è la demolizione dell’automobile. Macchine in disfacimento, sbranate dalle fauci dei suoi personaggi. Immagini accompagnate anche da veri e propri slogan ‘Liberati dal traffico’, ‘Cibo Bici’, ‘Bici Gang Bang’ o la famosa formula hopnniana più bici meno anidride carbonica ‘+BC = -CO2’.
“Da dieci anni dipingo bici, iniziai quando vivevo a Roma. L’ho sempre usata come mezzo, ma andarci in giro per Roma è un sport estremo. Uscivo convinto di arrivare da un punto altro della città, ma non sapevo quanto ci avrei messo, come ci sarei arrivato e se sarei arrivato. Da lì il bisogno di invogliare le persone a usare la bici al posto dell’auto. Una volta stavo dipingendo e un signore mi fermò. ‘Sei tu che fai questo? Ti ho riconosciuto, grazie ai tuoi disegni ho iniziato a prendere la bici un po’ di più’. Ecco pensai, la mia propaganda ha funzionato. Anche fosse uno su mille, una macchina in meno è già una vittoria.”
Dallo scontro al romanticismo
In una prima fase il messaggio di Hopnn si fondava sullo scontro ‘bicicletta vs automobile’, spingendosi fino a dipingere una moltitudine di biciclette sopra una vera auto bruciata. “Non l’ho bruciata io. Ero in Sicilia e trovai per caso questo scheletro di auto bruciata, immagino da un incendio doloso. Avevo con me i pennelli, così lo dipinsi riempiendolo di biciclette. C’era un mare bellissimo, lo scenario era tetro, nel mezzo di una collina, con gli arbusti completamente arsi.”
Oggi, invece, si focalizza maggiormente su aspetti più romantici della bicicletta. “La bici è anche la chiave per raccontare altre storie. Storie d’amore, non solo di contrasto. Ultimamente sono meno violento, prima rappresentavo montagne di macchine sfasciate, bici che segavano e distruggevano le auto. Ora, che questa cosa si è capita, voglio evidenziare gli aspetti positivi dell’uso della bici.”
L’altro tratto caratterizzante delle opere di Hopnn è l’utilizzo esclusivo di soli tre colori: bianco, rosso e nero.
L’uso dei colori
“Frequentavo l’Istituto d’Arte di Ancona, in quel periodo studiavo i manifesti di propaganda politica nelle dittature degli anni Trenta. Notai che si ripeteva ovunque il massiccio utilizzo di questi tre colori. In Unione Sovietica, in Germania, in Italia, anche se con meno rosso. Amplificavano il messaggio che si voleva trasmettere, così li adottai per veicolare la mia ‘propaganda creativa’, la mia politica artistica.” Graficamente il bianco e il nero accentuano il contrasto dell’immagine, esaltano il disegno e il messaggio. Il rosso rafforza, donando un senso di prepotenza e di forza all’immagine.
“L’accostamento di questi colori è un mix perfetto per veicolare messaggi nel minor tempo possibile, non a caso sono utilizzati anche per i cartelli stradali.”
Per esempio in Russia, dopo la Rivoluzione d’ottobre del 1917, il potere comunista, per veicolare la sua ideologia efficacemente a un popolo di contadini e operai per lo più analfabeti, scelse di fare un uso sapiente ed essenziale delle immagini propagandistiche: colori capaci di attirare l’attenzione e pochissime parole mirate. Non per fare parallelismi forzati ma raggiungere più persone possibili con il proprio messaggio è un obiettivo fondamentale per uno street artist. Per questo Hopnn li ha scelti come armi estetiche e di efficacia visiva. Colori usati in maniera netta e senza sfumature, proprio come il materiale propagandistico sovietico degli anni Trenta, su cui, tra l’altro, la sua firma in cirillico si sposa benissimo.
“Non m’interessa la decorazione fine a se stessa. Bene lo studio del segno, della pennellata, la ricerca personale. Ma provengo dalla vecchia scuola dei graffiti, per cui veicolare un messaggio era ed è più importante del lato puramente estetico. La mia critica alla società, la chiave di lettura politica e morale, la fonte ambientalista che è in me, sono tutte cose che vogliono essere veicolate prioritariamente dalle mie opere.”
Uno spazio condiviso
Lo studio di Hopnn è in via Faentina. Per terra è attraversato da una pista ciclabile rossa con biciclette bianche, come quelle che vediamo in città. In questo caso, però, c’è l’aggiunta della ‘firma’ юрий. Lo spazio è condiviso insieme all’associazione Fare Spazio, la quale ha anche una stanza dedicata al baratto, e, casualmente, con una ciclofficina. Ed è qui dove produce i poster che attacca in città, le serigrafie e le tele.
“Rispetto alla strada nelle tele esce qualcosa di più accurato, anche se i personaggi e l’immaginario sono i medesimi. In questa fase ho ripreso l’uso della bomboletta per fare lo sfondo nei quadri. Un ritorno alle origini, fare le scritte, giocare con i throw up. La bomboletta è un mezzo divertente, la utilizzo anche per fare stencil di biciclette, componendo texture sopra gli abiti dei personaggi che creo.”
Serigrafie ‘uniche’
La serigrafia è un mezzo che è sempre stato nelle corde di Hopnn già dai tempi di quando a Roma gestiva con altri ragazzi lo spazio espositivo ‘Laszlo Biro’. “Io mi occupavo della parte serigrafica, invitavamo gli artisti a dipingere le pareti dello spazio, e io con la tecnica serigrafica stampavo i loro disegni che poi vendevamo. Da lì mi è rimasto questo atto pratico della stampa in serie. Si possono fare delle stampe punk di alta qualità con prezzi contenuti e mezzi molto artigianali. La stampa serigrafica permette di tenere prezzi bassi e di riprodurre un disegno in serie. La serialità mi piace fino a un certo punto, infatti ogni stampa la ritocco a mano, con aggiunte in bomboletta o a pennello asciutto per fare le ombre nel disegno. Ogni pezzo è unico.”
Così come unici sono i suoi interventi pittorici urbani: Hopnn non gioca sulla ripetizione dell’identico, ma sull’unicità dell’opera, riconoscibile per forma, colori e contenuti.
“Non ho niente contro la ripetizione, ma fotocopiare diecimila pezzi e invadere la città è una pratica troppo fredda e facile. La rispetto, ma non fa per me. Il mio percorso artistico mi porta a realizzare e attaccare sempre pezzi unici.”
Com’è nella natura della street art molte opere sono sparite, le possiamo rivedere solo in fotografia. “Sono rimasti alcuni muri negli spazi autogestiti tipo alla Polveriera. All’Next Emerson c’è il dipinto della piramide gigante di macchine sfasciate, con in cima un tipo sulla bici che ha conquistato la vetta. Una delle prime cose che realizzai a Firenze fu al Cpa, alla ciclofficina la ‘Brugola rossa’, mentre una delle ultime è stata una camera dell’albergo ‘Streetinn’.”
Riconoscere la vera street art
Hopnn muove anche una critica/autocritica al mondo della street art e a tutte le scorciatoie per fingere di essere uno street artist. Con l’avvento dei social network e dell’accesso dibattito su fake news e post verità, il tema sul falso e l’autentico è d’attualità anche in campo artistico. “Su i social gli artisti possono essere reputati talentuosi o importanti basandosi sulle visualizzazioni o i ‘like’. Per smentire questo criterio in occasione di ‘Blitz’, allo Studio Rosai, stampavo in diretta una valuta dal valore di ‘un like’ che regalavo ai visitatori della mostra, solo se mi dimostravano di aver messo un ‘mi piace’ sulla mia pagina Facebook. Una transizione finta di una qualcosa di reale.” Una semplice provocazione per dimostrare che siamo tutti immersi in questo limbo tra realtà e finzione, come finzione è per uno street artist esporre finti graffiti fatti a bomboletta su tela, cosa che Hopnn fece provocatoriamente in quella occasione.
Lo Studio Rosai è stato un luogo importante della storia fiorentina rinascimentale della prima metà del Quattrocento. “Il proprietario della trattoria, che sta lì vicino, è un conoscitore di storia e, soprattutto, di Toscanelli. Mi raccontò la storia di quel luogo, nel Rinascimento era una delle prime accademie storiche fiorentine. Un punto di ritrovo di personaggi importantissimi. Il matematico Toscanelli, Brunelleschi, Leonardo, Leon Battista Alberti passarono di lì per scambiarsi saperi e imparare. Così realizzai e incollai, lì vicino, il poster pittorico dove Toscanelli consegna un libro con un compasso a Brunelleschi, il quale tiene in mano quel miracolo che è la ‘sua’ cupola del Duomo. È grazie allo scambio di saperi che si cresce e s’impara, è anche grazie alla geometria che Toscanelli insegnò a Brunelleschi se oggi abbiamo quella meravigliosa Cupola.”
Ci vogliono le collaborazioni giuste
Gli piace andare a dipingere insieme ad altri artisti, ma per le collaborazioni artistiche deve trovare l’intesa giusta. “Sono un solitario, le collaborazioni sono difficili. Mi piace collaborare con i Guerrilla Spam. Siamo amici. E anche dal punto di vista artistico siamo vicini, sia dal punto di vista formale, che grafico. Loro usano solo il bianco e il nero e pochissime sfumature, si sposano bene con il mio stile.”
Nuovi progetti
Adesso sta lavorando a un libro molto visivo e poco scritto ‘Graffiti per pranzo’, una esperienza di scambio tra arte e gastronomia. “Offro un murale, in cambio chiedo che mi venga insegnata la preparazione di un piatto tipico locale. L’idea di poter barattare un’opera murale con un piatto è nata spontaneamente a Tufara, a Campobasso, dove la signora Antonietta mi chiese un dipinto sul muro di casa e in cambio gli chiesi di insegnarmi a fare i cicatelli, una tipica pasta del posto. Così facemmo, uno scambio diretto di conoscenze, di socialità, di saperi. Tutto questo lo raccoglierò in un libro non solo di ricette, racconterà in realtà una esperienza di scambio. Ora, c’è una signora di Prato che mi vuole insegnare a fare il piccione ripieno, non l’ho mai mangiato un piccione. La cosa bella è che a tavola siamo rilassati e lo scambio è sempre un atto sociale.”
Hopnn intorno al suo lavoro artistico inserisce questo costante tentativo di entrare in relazione con le persone, di socializzare e conoscere gli abitanti che vivono gli spazi che incrocia. Lo scambio di conoscenze e saperi è uno stile di vita, una cosa che ritorna nel suo percorso. La curiosità nei confronti dell’altro, una modalità di rapportarsi alle persone e al mondo, confinando l’aspetto economico e materiale nei cassetti secondari dell’esistenza e dell’esperienza. Da questo punto di vista ‘Graffiti per pranzo’ ne è la perfetta sintesi. Scambio, saperi, socialità, relazione, forse l’unico modo per crescere armonicamente con gli altri e disinnescare il conflitto.
La street art come mezzo per migliorare il mondo
Inquieto e sognatore, un artigiano della fantasia che vuole incidere per migliorare il mondo. La bici è simbolo e astrazione dei suoi pensieri, anche quella è uno scambio con se stessi e col mondo. L’idea che inquiniamo meno se pedaliamo tutti. Una azione collettiva, in un gesto singolo. Come diceva Alfredo Martini la bicicletta “è la chiave di movimento e lettura delle grandi città. Un contributo sociale. E non ha controindicazioni. Fa bene al corpo e all’umore. Chi va in bici, fischietta, pensa, progetta, canta, sorride. Chi va in macchina, s’incattivisce o s’intristisce. La bicicletta non mi ha mai deluso. La bicicletta è sorriso, e merita il Nobel per la pace.” E così dipinge Hopnn.